Qualche volta i genitori ci chiedono quali sono i primi giochi da acquistare , ma più spesso vanno nei negozi dove sono attratti da una quantità di scatole multicolori, e cercano di capire cosa potrebbe far divertire il loro figlio.
In realtà il gioco (inteso come oggetto) per il bambino di 4-5 mesi di vita, che ha iniziato da poco l’uso delle mani nella funzione della manipolazione, dovrebbe avere alcune caratteristiche, per raggiungere lo scopo di un uso piacevolmente frequente:
-sicuramente la leggerezza , la comprimibilità, in modo che le dita, che ancora non sanno bene coordinarsi per una manipolazione funzionale, trattengano il gioco senza lasciarlo cadere.
-la forma, che induce all’afferramento con entrambe le mani, come potrebbe essere un piccolo libro di plastica, un anello non rigido, un dudu; lo scopo è di far usare entrambe le mani, così è più facile avere il gioco sotto il campo visivo, e la stimolazione per il cervello è duplice, avviene con il tatto e con la vista. Questo richiamo visivo è particolarmente importante nei nati prematuri, che hanno maturato in ritardo la capacità manipolativa (come anche in precedenza il controllo del capo) e che devono essere seguiti con attenzione nel recupero di questa funzione fondamentale per il loro sviluppo psicointellettivo.
-la possibilità di essere lavato di tanto in tanto: infatti occorre lasciare che il bambino porti alla bocca gli oggetti che afferra, perché attraverso la bocca vengono inviate al cervello e via via memorizzate tutte le caratteristiche che verranno in seguito stabilmente riconosciute: l’esplorazione orale degli oggetti è una fase fondamentale di conoscenza che abbiamo attraversato tutti, anche se non ce ne ricordiamo, perché è stata superata in pochi mesi , conclusa ancora prima della fine del primo anno di vita.
In seguito il bambino non ha la necessità di apprendere gli aspetti qualitativi attraverso la bocca, mano a mano che si sviluppa la conoscenza degli oggetti attraverso la manipolazione sotto il controllo visivo, modalità che ci è familiare e che usiamo in seguito per tutta la vita.
Quindi, quando siamo in un negozio, pensiamo a qualcosa che può piacere a nostro figlio e nello stesso tempo dargli uno stimolo per impadronirsi delle caratteristiche di quell’oggetto. Qualcosa che riesca a tenere in mano per un tempo abbastanza lungo (qualche minuto…), che non caschi subito a terra perché troppo pesante, impedendo in questo modo sia l’esplorazione orale che quella visiva.
Non servono tanti giochi, soprattutto nei primi mesi, perché tanti giochi non aiutano ad esplorare e conoscerne bene le caratteristiche; riempire la culla o il tappeto dove sta il piccolo con molti oggetti non lo aiuta a scegliere, bensì favorisce il “prendi e getta via” che diventa poi una modalità di gioco improntata alla fretta che accompagna la superficialità; basta pensarci un poco e i genitori stessi si accorgono che il piccolo ha delle preferenze, che vuole proprio “quel” gioco, e quindi non sarà difficile per loro capire e soddisfare il figlio.
Non bisogna arrivare a dire “non gli interessa niente, non si appassiona a nessun gioco, non finisce qualcosa che ha iniziato… ”: queste parole che sentiamo dai genitori di figli un po’ più grandi sono il frutto di una esperienza ricavata proprio a partire dai primi mesi di vita.
E i carillon? Spesso si usano per l’addormentamento, e possono aiutare la madre stanca nel rituale che facilita il sonno del piccolo; ma anch’essi devono essere usati con buon senso, e non con “insistenza”, con ricariche infinite, con una ripetitività esasperata, che non porta ad altro che a far temere il silenzio da parte del bambino, con il risultato che non si addormenta affatto.
Porta i suoi risultati invece se inserito in un processo di graduale auto consolazione, quando nell’arrivo del momento della nanna il piccolo passa dalle braccia del genitore alla culla, tranquillo ma non assopito, con la pancia piena dopo un buon pasto, pronto per il sonno ristoratore. La musica abituale, assieme al contatto con il gioco preferito, lo rassicura, lo aiuta a superare il distacco, facilitando così l’addormentamento.
Certamente, se può scegliere, comunque il piccolo essere umano preferisce di gran lunga la voce della mamma, o del papà, che con un canto o una filastrocca lo rassicurano nell’intraprendere il viaggio nella notte.
Dr.ssa Valeria Chiandotto